Chiara - Un racconto ai tempi del Covid

Un racconto ai tempi del Covid
 
Un racconto immaginario e vero al tempo stesso, dalla redazione di HB

 
“Francesca? Francesca! Dai sbrigati che siamo in ritardo, come al solito.”

“Mamma, chissene, tanto oggi è l’ultimo giorno.”

L’ultimo giorno di scuola, sì, da domenica di nuovo in zona rossa. Chiara sentiva l’ansia che già le montava dentro mentre i soliti pensieri da lockdown tornavano ad affollarle la mente, in uno schema ormai consolidato. DAD, figlia da sola a casa, serve un PC nuovo, al diavolo la parrucchiera anche questo mese, lo danno lo smart working a Fabio questa volta oppure no, certo che lui potrebbe anche insistere un po’ di più, che poi chissà se lo ha mai chiesto furbo lui, figlia da sola a casa, merda.

“Mamma? Mammaa? Ci sei? Sei lì impalata da mezz’ora”.

“Cosa? Ah sì, siamo in ritardo. Salta in macchina e abbassa un po’ la cresta, anche io ho diritto ai miei problemi ogni tanto.”

Il tragitto da a scuola era breve, poco più di 10 minuti. Francesca notò che il traffico era insolitamente tranquillo. Le strade grigie erano semideserte, senza indizi, per il momento, che nel corso della giornata si sarebbe scatenato il temuto assalto ai negozi e le corse alle gite fuoriporta che sindaco e governatore si erano premurati di scoraggiare e castigare già da inizio settimana.

“Grazie mamma, lasciami qui all’inizio del viale, va benissimo. Buon lavoro e stai attenta.”

Chiara trasalì udendo sua figlia porgerle quel pensiero affettuoso e per di più gratuito. “L’adolescenza non è dunque eterna” pensò. Restò ad osservare Francesca che percorreva di corsa gli ultimi metri che la separavano dal portone del liceo. Guardò l’orologio. Tanto rumore per nulla, erano in anticipo, poteva concedersi due passi lungo il viale della scuola, ne aveva bisogno, la aspettava una giornata pesante. Parcheggiò l’auto e si avviò a piedi. Il cielo era coperto da nuvole scure, ma l’aria fresca e l’insolito silenzio della città erano un toccasana per Chiara. Si sentiva, a dire il vero, un poco a disagio nel passeggiare senza “un motivo di comprovata necessità” e, secondo un automatismo ormai consolidato, cercò di figurarsi cosa avrebbe risposto in caso di un controllo. “Decisamente improbabile” si disse accorgendosi che i suoi pensieri scivolavano in fantasticherie irrazionali, “ma non si sa mai”.

Era ormai giunta davanti al portone della scuola, e notò un capannello di tre genitori che parlavano accanto alle loro auto parcheggiate in sosta rigorosamente vietata davanti alla scuola. Quello era un problema irrisolvibile. “Certa gente non la vuole proprio capire”, si disse Chiara, “ma in fondo chissene…”. La discussione era animata e ben distanziata, ma i tre adulti tradivano un certo imbarazzo e lanciavano spesso un’occhiata dietro le spalle, come per assicurarsi di non essere osservati. Chiara capiva. Quel senso di disagio e di “non essere in regola” ormai accompagnava la maggior parte delle persone in ogni situazione pubblica. Come per un tacito accordo tra estranei, come per una convenzione implicita e condivisa dai cittadini confinati, Chiara non avrebbe dovuto fare altro che passare oltre al capannello di audaci trasgressori fingendo di non notarne nemmeno la presenza. Questo reciproco ignorarsi era una sorta di meccanismo di auto-conservazione, una mutua comprensione per cui i confinati sospendevano tra di loro il giudizio in casi di colpa minore, nella consapevolezza implicita che ognuno era colpevole di qualche trasgressione. Chi è senza peccato… Chiara, dunque, non doveva fare altro che tirare dritto. Ma una parola che udì la fece arrestare.

“Vaccinare!” “Sono d’accordo, vaccinare tutti, dico tutti, a spron battuto, non c’è altra soluzione”. “Mi han detto che uno dei professori si è tirato indietro, è quello di fisica, da uno così non me lo aspettavo”. “Ma chi, il Giorgetti? È di sicuro il Giorgetti, un cretino, me lo diceva mia figlia.” “Un idiota, il vaccino è sicuro, li devono obbligare, li devono…”

“Perdonatemi se mi intrometto…” Sconcerto, disagio. Quelle quattro parole pronunciate da Chiara, per quanto in modo cortese e timido, suonavano come una minaccia. Una minaccia al tacito accordo, una violazione al meccanismo di auto-conservazione. Sei occhi fissavano sgomenti Chiara, mentre alcune mani correvano inconsciamente alla tasca della giacca per verificare se i documenti fossero lì, in caso di un controllo, non si sa mai. Il danno ormai era fatto, Chiara si decise a finire la sua frase.

“Perdonatemi, ma credo che quanto dite sul professor Giorgetti non sia vero, e se anche fosse potrebbero esserci delle motivazioni mediche per dover evitare il vaccino.”

“Ma lei cos’è una no vax?”

“No vax? Io? Credo ci sia un malinteso, non volevo dire…”

“Il vaccino o lo fanno tutti o non funziona, io so solo questo e l’Ifa…”

“Aifa”, precisò gentilmente Chiara

“Ifa, Aifa, va bene, ci siamo capiti, lo hanno detto loro che il vaccino va bene per tutti, anche per gli over 65, quindi cosa mi sta a dire?”

“No, ma infatti, io non volevo dire…”

“Sta sicura Anna che voleva dire che è un complotto delle case farmaceutiche, di questi discorsi apocalittici ne abbiamo piene le scatole.”

“Ma no quali case farmaceutiche. Io volevo solo dire che il vaccino è una faccenda seria, complessa, e sì, ha dei rischi. La gente vorrebbe solo benefici con tutte le garanzie, e invece la realtà non va così. Alcune persone, pochissime per fortuna, ma comunque alcune persone moriranno, varie avranno complicazioni, non bisogna ignorare questa cosa. Quando dicono che “il vaccino è sicuro” bisogna capire bene cosa significa. Non vuol dire rischio zero. Dico solo che bisogna essere cauti nel dire che bisogna obbligare tutti.”

“E allora secondo lei signora cosa dobbiamo fare? Buttare a mare i vaccini perché ieri è morto quel militare a Verona? L’ho sentito anch’io al tg, magari quello c’aveva pure un altro problema.”

“Hai ragione Franco, sono cazzate. Senta, scusi, non è per essere volgare ma a me ‘sta roba da no vax mi ha rotto le palle. Ma che lei c’ha la figlia qui a scuola con la mia?”

“Guardi io…” D’un tratto Chiara rientrò in sé. Comprese l’inutilità di quella discussione e si rimproverò di non aver saputo resistere, di nuovo, alla sua ostinata tendenza a voler imporre un po’ di buon senso nelle discussioni altrui. “Beh, scusatemi, buona giornata.”

“Ma sì, in fondo, chissene”, diceva a se stessa mentre tornava di fretta verso la sua auto. Tra l’altro, quella discussione oltre ad averle fatto sprecare inutili energie l’aveva anche fatta tardare, e questa volta sul serio. Mancavano solo 10 minuti all’inizio del suo turno. Affondò il piede sull’acceleratore, benedisse quelle strade semideserte ed entrò nel parcheggio del Centro Congressi. “Posto riservato al personale medico”, diceva il cartello. Chiara andava di corsa, non aveva tempo di assicurarsi che l’auto fosse ben dentro le righe, e ad ogni modo i parcheggi non le venivano mai bene, si arrangiasse chi veniva dopo.

“Buongiorno dottoressa Gardini”, le disse una voce allegra appena varcata la porta. “Pronta per una nuova entusiasmante giornata sul campo?”

“Mah, visto come è cominciata la giornata non può di certo andare peggio. A quale ambulatorio sono assegnata oggi?”

“4B, al primo piano dottoressa, e come infermiera per il turno di mattina le ho assegnato la Berardi.”

“Per fortuna, ieri ero al secondo, e per andare in bagno dovevo attraversare tutto il piano. Certo che prima di scegliere questo centro congressi come hub per le vaccinazioni potevano anche studiarsi un po’ la planimetria, la logistica è assurda.”

“Siamo d’accordo con lei. Tecnici e infermieri, facciamo i chilometri ad ogni turno di lavoro. Ma… cosa le è successo dottoressa? La vedo agitata.”

“Niente Carlo, è solo che… Stamattina, fuori dalla scuola di mia figlia, ho avuto una discussione con dei genitori. Parlavano di vaccini e io…”

“E lei gliene ha dette quattro! E ha fatto bene dottoressa, quando ci vuole ci vuole.”

“Scusami, in che senso…”

“Questi no vax hanno davvero rotto. Sempre a dar contro a tutto, non fanno altro che complicare il lavoro a noi che siamo in prima linea. Parlano, parlano, e neanche sanno di cosa, mettono paura alla gente. Sono degli idioti, fosse per me li obbligherei a vaccinarsi per primi con la forza, fosse per me.”

“Sì ma vedi io…”

“E lei che le ha detto? Li ha lasciati a bocca aperta con un po’ di vera scienza medica? Avrei voluto vederli. La gente oggi non capisce, non ascolta.”

“Sì davvero Carlo, la gente oggi non ascolta. Chiamami la Berardi, va, che andiamo a prepararci.”

“Subito dottoressa, e buona giornata.”

“Buona giornata Carlo, speriamo che lo sia.”


TMM